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“Toni Ligabue”
COME NASCE UN FILM
PERCORSI DI SCRITTURA (2011-2014)
Luoghi e cronologia
Zurigo – Ospedale delle Donne
18 dic 1899
nasce Antonio, figlio di Elisabetta Costa (originaria di Cencenighe Agordino) e padre ignoto. Viene registrato allo stato civile di Vallada Agordina con il cognome della madre.
Hemmerscwiel (Svizzera – Cantone di Thurgau)
18 gennaio 1901
La Costa sposa Bonfiglio Laccabue, emigrato da Gualtieri
Il 10 marzo 1901, a seguito del matrimonio, Antonio viene legittimato e iscritto al registro delle nascite di Gualtieri col nome di Antonio Laccabue
(poco tempo dopo)?
Viene dato affidamento a una coppia di anziani senza figli, ma desiderosa di averne. Lei èi Elise Hanselman di 44/45 anni (è nata nel 1857). Lui Valentin Gobel, carpentiere, ne ha 47/48 (è nato nel 1854).
Dal 21 agosto 1901 al gennaio 1907 Elisabetta Costa mette al mondo altri tre figli. Nel frattempo la coppia si sposta dal Cantone di Zurigo al cantone di San Gallo. A Sargans (cantone di San gallo) la famiglia Laccabue rimane fino al 1910.
Anche la famiglia affidataria si sposta: prima a Niederweningen, poi a Tablat, quindi a San Gallo.
Toni Laccabue non rivede né la madre naturale né i fratelli nati dopo la sua estromissione dalla casa paterna.
1910-12 – località varie in Svizzera
Frequenta le scuole fino alla terza elementare
25 gen 1913, a Widnau (?)
Muoiono i tre fratellini, a distanza di circa un mese anche la madre, causa avvelenamento. Il padre Bonfiglio Laccabue è accusato di averli avvelenati…
Vecchio e ammalato, Bonfiglio Laccabue tornerà a Gualtieri, dove morirà al Ricovero Carri, il 14 luglio 1949.
Maggio 1913 – Marbach
La madre adottiva fa internare Toni nell’lstituto rieducativo di Marbach per ragazzi difficili, diretto da un prete evangelico
Marbach – (fino al 19 aprile 1914)
Sul registro dell’istituto brevi notazioni sul comportamento di Toni (v. librone pag. 13)
Marbach – 15 maggio 1915
Viene cacciato dall’istituto “per condotta cattiva e scostumata”. Torna in famiglia. La coppia adottiva nel maggio 1915 si è trasferita a Staad, frazione di Thal. Vi rimane fino al l’aprile 1917.
Toni lavora presso un contadino della zona dove avviene l’episodio della capra o pecora. Rimane sconvolto.
Gen. 1917 / 4 aprile – Manicomio di Pfafers
Lite violenta con la madre (le scaglia contro attrezzi da lavoro). Ricovero nel manicomio di Pfafers. Ai medici curanti parla della madre adottiva, che ama, di San Gallo e del periodo all’istituto di Marbach. Le cartelle cliniche lo dicono facile agli sbalzi di umore, con improvvise eccitazioni e profonde malinconie”. Viene citata “la sua straordinaria abilità nel disegno, soprattutto di animali, quando disegna appare rasserenato”. Dimesso in aprile, torna a casa. Poco dopo la famiglia adottiva si trasferisce alla ricerca di lavoro a Romanshorn. Toni riprende la vita disordinata e torna a litigare con la madre, alternando momenti di grande affetto nei suoi confronti.
11 giugno 1918 – Consolato italiano di Zurigo
Toni sostiene la visita di leva, viene riformato (se arruolato sarebbe stato uno dei Ragazzi del ’99 – l’ultima generazione al fronte nella Grande Guerra)
Maggio 1919 – Romanshorn
Dopo una lite furibonda, la madre adottiva si rivolge alle autorità competenti, chiede di mandare (espellere) il figlio per qualche tempo in Italia, nel paese del padre Bonfiglio Laccabue, con la speranza di dargli in questo modo una lezione e vederlo cambiare. Toni viene espulso per SEMPRE, “per i continui atteggiamenti turbolenti nei confronti della famiglia e della comunità”.
23 maggio 1919
Toni lascia Zurigo (sede delle autorità competenti?), il 2 giugno viene condotto da Chiasso alla questura di Como. Il prefetto di Como scrive al municipio di Gualtieri per avere notizie circa i parenti abitanti nel comune. Da Gualtieri rispondono che i pochi congiunti rimasti si sono traferiti altrove e ne indicano l’indirizzo. La questura di Como affida Toni ai carabinieri per farlo consegnare al sindaco di Gualtieri.
Giugno 1919 – Romanshorn
La madre adottiva, resasi conto che l’espulsione è definitiva, pentita, si rivolge al Console italiano a Zurigo. Il 5 giugno 1919 il console scrive al comune di Gualtieri, dove però di Toni non hanno ancora notizie. Arriverà due mesi dopo.
Gualtieri – 9 agosto 1919
Arrivo di Toni. Il Comune gli assegna un letto al Ricovero di mendicità Carri, una modesta sovvenzione e gli offre di lavorare come scarriolante alla costruzione degli argini del Po.
Chiede che gli sia fatta una visita medica per accertare le sue condizioni di salute (relazione clinica nel librone a pag. 15)
Settembre 1919 – Lodi
Toni tenta di tornare clandestinamente in Svizzera. A Lodi viene fermato dai carabinieri, consegnato alla questura di Milano. Quindi ricondotto a Gualtieri.
6 ottobre 1919 – Romanshorn
Lettera della madre adottiva al sindaco di Gualtieri (conservata nell’archivio del municipio), spedita da Romanshorn – Thurgau – Svizzera. La madre spiega le ragioni dell’espulsione e chiede (implora) di farlo tornare (v. librone pagg. 15/16)
Primi anni Venti – Argini del Po
Ligabue lavora come scarriolante – isolato dai compagni di lavoro, forse anche per le difficoltà di comprenderne la lingua (v. foto librone- pag. 16)
Golena del Po a Gualtieri
Con l’aumentare delle crisi depressive, Toni si rintana nei boschi
S.d. (metà anni Venti) – Gualtieri
Ultima lettera della madre adottiva. Tenta di smuovere, tramite il sindaco di Gualtieri, le autorità svizzere affinché permettano il rientro del figlio in Svizzera (c/o archivio Municipio Gualtieri) (v. librone pag. 18). La lettera è indirizzata al figlio (allude a un’operazione da farsi all’ospedale di Parma (tiroide?), lo prega di fare attenzione ai cosiddetti arruolatori per la Legione straniera francese che arruolano i giovani con l’inganno)
S.d. (finire anni Venti?) – golena del Po
Toni modella la fanghiglia rossastra in forma di sculture di animali (è un’ipotesi)
Inverno (rigido) del 1928 – Golena del Po
Incontro nel bosco con l’artista Marino Mazzacurati. (Secondo il librone pag. 21, Toni gli dice che l’animale che sta cuocendo è un cane ucciso dai cacciatori. Altri parlano di un gatto). Mazzacurati si presenta… Toni dice: “anch’io sono un pittore”
Dal 1928 al 1937 Villa Torello Malaspina, detta la Palazzina
Residenza estiva di una nobile famiglia proprietaria di terre nella zona. In una delle vecchie case prospicenti l’ampio cortile, Marino Mazzacurati ha installato il suo studio di pittore e scultore. Accoglie Toni nel suo studio.
S.d. – Campagne della Bassa
Toni osserva attentamente gli animali che incontra per le campagne, cavalli da tiro, bui, capre, galline, topi, scarafaggi… e la vegetazione… i coltivi… l’andirivieni indaffarato dei contadini
1929? – zona acquitrinosa della golena di Gualtieri
Uno dei primi quadri, non datato né firmato (forse del 1929 secondo le indicazioni del pittore stesso) è una tavoletta con un nudo di donna dai fianchi prosperosi. Trent’anni dopo, Toni disse di averla dipinta quando abitava nei boschi, in una casetta in pietra semidiroccata. Raccontò che la faceva vedere ai contadini in cambio di un centesimo…
S.d. – Villa Torello Malaspina
Toni dorme nei fienili o nelle serre del parco. Dipinge o modella la creta sia nelle serre sia nello studio di Mazzacurati. Tiene con se alcuni cani randagi. Custodisce i pochi risparmi in una bottiglia salvadanaio che immerge, legata a un filo, nel laghetto della villa.
1932 – Gualtieri
Vita girovaga, viene ospitato dal flautista Licinio Ferretti che gli promette di presentarlo a un amico gallerista a Milano
1932 – Villa Torello Malaspina
Episodio della morte di Elba (due anni) figlia di poveri contadini. Cade in un pentolone di acqua bollente. Non avendo una fotografia della bimba, i genitori chiedono a Mazzacurati di dipingere un ritratto. Mazzacurati affida l’incarico a Toni.
S.d. – Gualtieri – Villetta Liberty all’inizio del viale di tigli che porta alla villa Torello Malaspina.
La villetta è l’abitazione della famiglia Mazzacurati. Nello scantinato vive l’anziana proprietaria, si chiama Nina. Questa, nonostante fosse spesso in lite col pittore, gli consente di sistemare in un rustico del giardino, un paio di gabbie con alcuni conigli.
S.d. Fienile Villa Torello Malaspina
Toni dorme nel fieno, scava un buco, una specie di tana, e vi si cala dentro, rannicchiato su se stesso per ripararsi dal freddo
Nello stesso periodo il gallerista Sergio Negri ricorda di averlo visto quand’era bambino con stivali di cuoio alti al ginocchio ricevuti in regalo dalla madre di Mazzacurati. In un’altra occasione lo vede camminare a piedi nudi nella neve. Ha venduto gli stivali per comprarsi due conigli d’angora.
Porta la creta dal Po per modellarla e si imbratta tutto il corpo.
14 luglio / 3 dicembre 1937 – Manicomio San Lazzaro Reggio Emilia
Primo ricovero di Toni al San Lazzaro. Motivazione: carattere violento e atti autolesionistici.
Dopo il 3 dicembre 1937. Località varie presso Gualtieri
Dimesso dal manicomio, Toni torna a Gualtieri, vaga un po’ dappertutto, senza mai allontanarsi troppo dalla cittadina, dorme nei fienili delle cascine o al Ricovero Carri, nelle stalle o nelle serre del Parco di villa Torello Malaspina.
Appena il clima lo permette torna a vivere nei boschi.
1937 / 1940 – Gualtieri
Toni realizza alcune sculture in creta per il signor Napolino Ghisolfi di Guastalla (la lotta tra la lince e un gatto selvatico)
Fine anni Trenta – Gualtieri
Toni si compra la prima motocicletta
S.d. – Cinema teatro di Gualtieri
La signora Nina che vi lavora come maschera, lo fa entrare gratuitamente. Toni ama i film di Tarzan (gli consentono di approfondire la conoscenza degli animali selvatici… scappa quando un animale viene ferito o ucciso).
23 marzo 1940 – Manicomio San Lazzaro Reggio Emilia
Secondo ricovero in manicomio. Diagnosi: il paziente è affetto da psicosi maniaco–depressiva. In manicomio continua a dipingere se pur con maggiore lentezza.
16 maggio 1941 – Guastalla, casa Andrea Mozzali
Toni viene dimesso. L’amico Andrea Mozzali, scalpellino di opere funerarie e pittore umoristico s’impegna a ospitarlo a casa sua a Guastalla, assumendosene le responsabilità. Mozzali dimostra nei confronti di Toni un’amicizia vera e disinteressata.
1942-1943 Casa Mozzali – Guastalla
Toni vi soggiorna ripetutamente. Mozzali gli commissiona una piccola scultura che deve rappresentare Mussolini a cavallo. Toni rimanda la conclusione dell’opera. Mozzali lo minaccia di privarlo del cibo…
Durante la guerra – Gualtieri / Guastalla
Si presta saltuariamente a fare da interprete con i soldati tedeschi
1945 / 1948 – Manicomio San Lazzaro – Reggio Emilia
14 febbraio 1945: ultimo ricovero. Motivo: in osteria, ha spaccato una bottiglia in testa a un soldato tedesco. Gli amici lo salvano facendolo internare in manicomio. Qui continua a dipingere, riceve collezionisti e giornalisti, tra questi Romolo Valli… (v. reportage). Negli ultimi tempi reclama di volere essere dimesso, tornare libero. L’amico Mozzali cerca di aiutarlo, ma essendo stato fascista con Salò non può esporsi più di tanto.
1947 – Manicomio
Disegna con inchiostro di china lo scheletro di un Cervo di padre David (cervo asiatico) per dimostrare a uno scultore raggiano, Arnando Giuffredi, che è andato a fargli visita col giornalista Ferrante Azzali, di conoscere bene la struttura ossea degli animali. Azzali pubblica l’intervista sull’Europeo (aprile 1947)
Primi mesi del 1948 – Manicomio
Tramite un infermiere o un medico benevolo, Toni scrive al sindaco di Gualtieri. Chiede di essere dimesso. Riferisce i pareri favorevoli della critica d’arte verso la sua opera pittorica (v. librone pag. 34)
Ottobre 1948 – Gualtieri
Toni è dimesso, contro le ragioni del Comune che si è opposto. Tornato a Gualtieri riprende le solite abitudini di vita. La giunta municipale delibera di accoglierlo presso il Ricovero Carri
Febbraio 1949 – Gualtieri
Il medico condotto richiede per Toni un nuovo ricovero in manicomio ma questo non ha luogo.
18 giugno 1949 – Reggio Emilia
Toni è invitato alla Mostra nazionale del Paesaggio italiano. Vince il Premio della Banca Agricola Commerciale.
Primi anni Cinquanta – Bottega del Barbiere Vilem
E’ inverno, Toni, così come fa spesso, è venuto a scaldarsi alla grande stufa in terracotta del negozio. E’ in piedi, appoggiato alla stufa di schiena. Ha il giubbone imbottito di paglia. Non parla con nessuno, pronto ad andarsene se qualcuno per farlo arrabbiare tossisce o si raschia la gola.
Viene schernito da uno dei clienti di buona famiglia borghese che frequentano la barberia. Toni si aspetta che Vilem, a cui in precedenza ha regalato dei quadri, prenda le sue difese. Il litigio si fa più aspro, Toni inveisce contro chi lo ha schernito; Vilem lo sbatte fuori, minacciando di farlo nuovamente portare in manicomio. Toni gli urla che è un grande artista, mentre lui è, e resterà, soltanto un barbiere. In seguito, dopo il successo della mostra a Roma, passerà spesso con l’auto davanti al negozio di Vilem per mostrarsi nel nuovo status di neoabbiente.
Primi anni Cinquanta – Casa di Ugo Sassi a Guastalla
Ospite di casa Sassi, modella una scultura autoritratto, l’unico esistente in forma di scultura.
Primi anni Cinquanta – Piazza Cinema teatro di Gualtieri
A un signore che gli indica ammiccante alcune belle ragazze, risponde scorbutico “ a me piace di più un bel cane”
Novembre 1951 – Paesi della Bassa – Guastalla – Casa Mozzali
La grande alluvione: Toni si trasferisce a casa dell’amico Mozzali, nell’asciutta Guastalla. Lavorano insieme. I due amici si spostano in motocicletta, guidata da Toni, per incontrare eventuali acquirenti nelle osterie. Un giorno la moto si ferma, chiede a Mozzali di spingere… la moto riparte e Toni si dimentica dell’amico.
Primi anni Cinquanta – Gonzaga e dintorni
Toni torna da Gonzaga dove è stato da tal Brighenti, commerciante di moto e biciclette… di seguito l’episodio di Caraton (l’invalido sulla carozzella – v. librone pag. 40). In quei giorni le opere di Toni sono esposte presso l’Osteria di Bagen di Gonzaga.
S.d. Gonzaga – Fiera millenaria
v. descrizione in trattamento
1956 – Suzzara
Ligabue partecipa al Premio Suzzara di Zavattini (è l’unica volta in cui una sua opera viene accettata)
Seconda metà anni Cinquanta – Case collezionisti
Ottiene commissioni di quadri da imprenditori di Reggio, Brescia, Verona, Mantova, Brescello, Guastalla.
Dipinge presso le case dei committenti.
Febbraio 1961 – Roma – Mostra alla galleria La Barcaccia.
Mostra sollecitata da Mazzacurati che vive a Roma. E’ la consacrazione di Toni come pittore. Ligabue assapora un primo momento di benessere
Estate 1961/62 – Osteria della Stazione Gualtieri
L’amico gallerista Sergio Negri, lo accompagna nell’osteria. Toni vi si reca spesso in motocicletta per la cena e bere una bottiglia di vino…
Vedi episodio (in librone pag. 26): Toni invita un vecchietto a bere con lui…
1961 – Venezia
E’ invitato alla IV Biennale dell’Incisione contemporanea. Partecipa con un’acquaforte. Titolo: Cane da caccia con paesaggio.
Circa 1961 / Osteria della Stazione – Gualtieri
Altro episodio:
– le 90 mila lire frutto della vendita di un quadro date a una mendicante, Maria, e al suo compagno privo di gambe che viene trainato su una carrozzella da due cani spelacchiati
8 giugno 1961 – Strade della Bassa
Frequenti le cadute in moto.
A seguito di una caduta, è ricoverato per un mese all’Ospedale di Reggio Emilia.
S.d.
Il caso della prostituta uccisa a coltellate (librone pag. 27). I giornali ne parlano. La donna, con madre e sorella era solita girare le piazze suonando il violino e cantando canzoni popolari. Toni invia 100 mila lire alla figlia della prostituta.
S.d. Guastalla / casa Napolino Ghisolfi
Ascolta la Quinta sinfonia di Beethoven dal giradischi (anche per un pomeriggio intero) – in casa di Napolino Ghisolfi suona al pianoforte motivi lugubri e strani… (?) – (v. librone pag. 28)
Mastica tabacco e pezzi di sigaro che gli colano dalla bocca misti a saliva
1962 – Guastalla – Galleria d’arte Sergio Negri
L’episodio della bicicletta regalata al pittore rivale Bruno Rovesti, per prenderlo in giro e proclamare la propria superiorità come pittore.
Dopo la mostra romana, Toni si considera un pittore arrivato, possiede quindici motociclette tutte rosse (alcune scassate) e tre automobili di seconda mano (una Simca, una Citroen, una Fiat 1400). Per moto e auto ha una cura maniacale.
I suoi quadri hanno acquistato valore (un quadro di Ligabue vale sul mercato quanto metà di un Morandi), ma il pittore non è eccessivamente attratto dal denaro.
1961 / 1962 – Locanda della Croce Bianca – Guastalla
E’ l’osteria della Cesarina, di cui Toni si innamora negli ultimi tempi della sua vita. Vi si è trasferito dal Ricovero Carri di Gualtieri nell’aprile 1961, da quando è a contratto presso la galleria di Sergio Negri.
Apprezza il lambrusco, il vermouth e la birra ma non eccede. E’ goloso di dolci alla crema.
Nel 1961 modella presso la locanda la scultura “Cavallo stanco”, una delle ultime, poi si dedicherà esclusivamente alla pittura.
La sera, prima di addormentarsi, ha preso l’abitudine di indossare vesti femminili…
1961/1962 – Galleria Negri Guastalla
Toni parla spesso con trasporto e candore di Cesarina, dice che vuole sposarla e costruire un castello come quelli del Nord Europa per andarci a vivere insieme.
Primavera 1962 – Galleria Negri
Toni dipinge il “Serpentario”, quadro su commissione, per conto di un industriale di Carpi, settore camicie. Presso: 350 mila lire.
Primavera Estate 1962 – Osteria di Pomponesco
Raffaele Andreassi gira l’episodio del bacio con la Pina, una donna del posto (altrove ho letto: un’attrice convocata per interpretare la parte). Toni arriva su una Fiat 1400 guidata da Vandino
Estate 1962 – Studio di via Adua a Reggio Emilia
Toni si è trasferito nello studio di Reggio. A un amico che desidera dei suoi quadri, chiede di portargli una donna col culo grosso (v. librone pag. 29). La Pina, dopo l’episodio delle riprese del bacio con Andreassi, accetta di passare qualche giornata con lui nello studio, senza che accada nulla, a parte qualche piccola tenerezza (?) Ma un giorno lei lo chiama, è distesa sul letto matrimoniale, nuda. Toni non sa cosa fare, è eccitato, ha vergogna e paura, si gira e torna a dipingere (secondo il racconto di Ligabue stesso – pag. 30 librone)
Giugno/luglio 1962 – Galleria Negri Guastalla / Scantinato studio di via Adua a Reggio
E’ nella Galleria Negri a Guastalla intento a dipingere. Improvvisamente dice a Sergio Negri che deve andare subito a Reggio Emilia, nella casa-studio di via Adua per dare da mangiare ai conigli e altri animali che tiene nello scantinato. Giunto in via Adua, alcuni animali sono morti: tre conigli, un paio di galline, tre porcellini d’India. Le urla di Toni… di seguito il pittore si appresta con preghiere e riti vari alla sepoltura degli animali morti di fame
Strade e paesi della Bassa
La Fiat 1400 di Toni… Vandino al volante, Toni seduto dietro con accanto una donna (la Pina?). Nei paesi ordina a Vandino di rallentare, affinché la gente possa notare chi ha accanto.
La sera, di ritorno, fa sosta a comprare i sigari toscani nella tabaccheria davanti al negozio del barbiere Vilem (per essere visto – rivalsa)
Si arrabbia con Vandino che è diventato grasso e “gli sfonda il sedile dell’automobile”. Un giorno lo licenzia e ne assume un altro: Sergio Terzi, detto Nerone, in seguito anch’egli pittore.
Prima settimana di novembre 1962 – Galleria Negri – Guastalla
Toni avverte i primi sintomi della paralisi. La notte del 20, rientrato alla Locanda Croce Bianca, viene colpito da emiparesi, ricoverato per un giorno all’ospedale di Guastalla, poi alla clinica neurologica Marchi di Reggio Emilia, poi definitivamente al Ricovero Carri.
18 giugno 1963 – Ricovero Carri
Viene battezzato.
18 luglio 1963 – Ricovero Carri
Gli viene somministrata la cresima
27 maggio 1965 – Ricovero Carri
Ligabue muore. Episodio della maschera funebre, protagonista l’amico Mozzali.
Il 30 maggio funerali solenni. E’ una giornata piovosa.
Appunti per soggetto “Toni Ligabue” – 2011
Il periodo svizzero. In nuce c’è tutto: l’essere ribelle alla famiglia, alla scuola, alle regole, alle convenzioni. Mostra predisposizione e passione per il disegno, per gli animali, per il vagabondaggio…
Rivela una natura introversa e violenta…
C’è l’istituto correzionale, c’è il manicomio…
Sarà interessante capire come si forma il suo spirito ribelle…
I rapporti con la famiglia naturale e quella putativa, soprattutto con la madre putativa e con il marito della madre naturale. Ligabue accusa l’uomo della morte per avvelenamento di madre e fratelli
Animali: dove vede tigri, leopardi, leoni?
Ho letto che per un po’ fece il contadino, se ne andò quando vide sgozzare una capra
Giunto in Italia a Gualtieri, Ligabue scappa, vuole tornare in Svizzera, in quella che considera la sua terra… interessante… si parla di Ligabue come di un pittore padano, delle lanche, dei boschi, del fiume… in realtà (così sembra) sente la pianura del Po estranea (o la gente di questi luoghi?) … (vedere certi paesaggi di fondo ai quadri: tetti e campanili svizzeri)…
Visivamente, se dovessimo adottare il flash back – lui in manicomio e certe scene che affiorano – non in ordine cronologico, ma per affinità/analogie, parallelismi, equazioni… interessante passare dal paesaggio fluviale a quello dei cantoni svizzeri, dal disordine fluviale alla campagna curata degli svizzeri
Nella solitudine la nostalgia della Svizzera
Le donne… L. ripensa alle donne sifilitiche
Animali: zoo di Zurigo… circo… cinema (Tarzan)…
Come e quando L. impara a leggere e scrivere in italiano?
Si nasconde perché non capisce la lingua, parla tedesco svizzero e non riesce a comunicare con i campagni di lavoro
Il lavoro sugli argini
Nel periodo dal 1919 (espulsione) al 1928 (Mazzacurati lo scopre) disegna? dipinge, modella sculture? Nelle biografie si dice che disegna in piedi o appoggiato agli alberi, quali soggetti?
Nel catalogo “Antonio Ligabue antologica di Marzio Dall’Acqua” i quadri più vecchi sono del 1928 (leone che aggredisce giraffa, con iene attorno), del 1930 (pascolo montano/svizzero, con mucche capre, abeti, cane e pastore con zufolo), del 1935 (fattoria con tetto spiovente e cavallo da tiro bianco), del 1935-35 (leopardo che assale cigno); gli altri dal 1948 in poi e soprattutto dell’ultimo periodo. Tra le sculture un capriolo, un cerbiatto e una testa di pantera del ’36, un gallo sopra una gallina e un levriero del ’38, un uomo a cavalcioni di una botte e un cane che punta entrambi del ‘39
Ligabue e il proprio corpo:
martoriato quando si batte con una pietra sul naso; amato, coccolato quando si veste da donna
Ultimo Ligabue:
per condurre la moto prende la patente?
L’alluvione del Polesine (a qualcosa a che fare?)
Ligabue e la religione: il battesimo, viene cresimato dal vescovo. Come? Fra i ragazzini?
(anche la cresima mi sembrerebbe un buon inizio)
Finisce di vivere nel ricovero di mendicità di Gualtieri: non stava diventando ricco? Tre moto, automobili, un autista che teneva a stipendio…
Alla sua morte: lascia le medaglie vinte nei concorsi di pittura e tre animali imbalsamati: un’aquila, un airone, un coccodrillo… I quadri? Li ha fatti tutti su comanda?
Bella la storia della maschera funebre che non si stacca…
E se… e se fosse un film visionario? E a raccontare fosse lo spirito di Ligabue, ormai staccato dal corpo?
Chi era Ligabue? un matto, uno strano, un asociale e nient’altro? Un uomo in cerca di libertà: in fuga da tutte le convenzioni sociali, famigliari, scolastiche, educative, in fuga dalla stanzialità, dal sistema dell’arte? Un sognatore? Un uomo che amava la vita?
Appunti per soggetto – 2011
“L’uomo è libero solo quando può considerarsi diverso”
Ligabue non è il ragazzo lupo dell’Aveyron, né il ragazzo selvatico del film di Truffaut o il Mowgli di Kipling, ma è pur sempre un uomo che vive di sensi primordiali e selvatici: toccare, annusare, gustare, guardare, ascoltare.
Natura contro cultura. Natura contro vita borghese, contro vita virtuale (quella di oggi, dove gran parte dei sensi sono atrofizzati).
Natura nel suo andare ramingo per le campagne, per la golena, tra capanne e fienili, nel farsi lui stesso animale, riconoscere energie superiori, invisibili. Come bestia Ligabue annusa e riconosce gli odori nel vento, nell’aria; come belva davanti alla tela mostra i denti, gli artigli e l’azzanna.
Morte e vita pulsano nei suoi quadri e nelle sue sculture.
Il tatto: Ligabue tocca i colori con le mani, accarezza le sue auto e la moto Guzzi; si masturba: toccarsi è godere. Chiede un bacio come pegno. La donna è una dea feconda da adorare, magari chiusa in un castello, un santuario; la vuole larga di fianchi, con il culo grosso come una dea madre neolitica, come una statua cicladica.
L’olfatto: annusare la terra, i colori.
Il gusto: masticare l’argilla per poterla plasmare.
L’udito: la sua sensibilità ai rumori, al deglutire, al tossire, alle parole…
Lo sguardo: occhi allucinati e una memoria visiva che gli consente di ricordare con precisione paesaggi elvetici che non vede da anni e dettagli anatomici degli animali.
Ligabue comincia dipingere sprovvisto di tecnica pittorica; per tutta la vita non saprà mai di Van Gogh o dei Fauves. Sarà invece cosciente di essere un artista – un grande artista – e pretenderà di essere riconosciuto come tale.
La società rurale della Bassa che ha accettato le sue stranezze, non ha interesse per le sue opere, se non per il guadagno che ne può trarre quando il pittore sarà noto. La società borghese, culturamente adeguata, gli intellettuali che lo blandiscono come artista, a parte poche eccezioni, lo escludono come uomo. Nei giorni del successo, Ligabue rimarrà sempre il pittore matto, il reietto immaginifico che dipinge tigri, gorilla, leoni e giaguari stando non nella giungla ma sulla sponda del Po. Un Salgari della tela.
Consapevole della propria diversità, Ligabue non è un solitario che rifiuta il rapporto con il resto del mondo. Con i colori e l’argilla esprime la propria (tragica) visione delle relazioni tra i viventi (umani, animali, vegetali). Ed è un dialogo con se stesso, col suo corpo sgraziato: pensiamo agli innumerevoli autoritratti, al rilievo dato ai particolari.
Ligabue anela alla propria libertà interiore, sente di non appartenere né al mondo rustico delle campagne né alla società benpensante borghese, e pur tuttavia desidera mettere la propria libertà in comunione con quella degli altri. Cerca rapporti, che si riveleranno essere sempre dolorosi. Vivrà fino alla morte questa contraddizione dell’uomo primordiale e nomade pervaso dall’ansia di riconoscimento e di rapporti con il resto del mondo che in fondo non ama e da cui non sarà mai veramente amato.
Forse la sua cosiddetta pazzia è tutta lì.
Appunti per la scrittura del film – 2011
Bisogna scegliere lo sguardo, stabilire la figura del narratore: se è Ligabue stesso che rivive la propria vicenda umana o un personaggio esterno, per esempio Afro, l’ ex infermiere del manicomio di Reggio Emilia che gli diviene amico, sopporta le sue bizze e lo assiste durante la degenza al Ricovero Carri negli ultimi anni della sua vita. Questa è la scelta che farei per la prima stesura, attribuendo ad Afro doti umane, la pietas e la capacità, acquisita attraverso la professione, di sforzarsi di comprendere o talvolta semplicemente intuire la personalità complessa del pittore.
Se lo sguardo sarà invece quello di Ligabue, bisognerà scegliere tra una narrazione coerente e compatta in cui le scene si susseguono secondo la cronologia e una narrazione spezzata, per visioni cronologicamente incongrue ma coerenti con la psiche del protagonista.
Bisogna ovviamente anche scegliere la chiave interpretativa, che deciderà lo stile narrativo. L’alternativa mi sembra fra un’accentuazione della dimensione onirica, la visione”stravolta“ della realtà e l’interpretazione che vede Ligabue come un disadattato (con qualche turba psichica) che è alla ricerca di rapporti umani, di legami, ma che, pur venendogli riconosciuto il suo genio pittorico, viene rifiutato da una certa classe sociale per bene e sostanzialmente non riesce ad integrarsi neppure con gente più semplice ( es. scarriolanti, contadini, ecc.) per le “stranezze” del suo comportamento e forse per l’intuizione che questi hanno, pur nella loro semplicità, del livello diverso fra il pittore e la gente comune nel guardare alla realtà.
Mi sembrerebbe interessante partire da un lettura della “pazzia” di Ligabue, del suo modo particolare di sentire la realtà, come se questa sua peculiarità fosse un qualcosa di “nato con lui”, il SUO modo di percepire, amplificando (a dismisura) certi particolari che assumono un rilevo innaturale a scapito della percezione d’insieme della realtà.
Mi viene in mente un’analogia con bambini affetti da sindromi autistiche: mentre la maggior parte delle persone vede e sente le cose e i rumori in un equilibrato rapporto figura-sfondo, loro della realtà esterna percepiscono alcuni particolari come se fossero sotto la lente d’ingrandimento, interpretando le situazioni a partire da questa conoscenza/ percezione distorta ( es. hanno un fastidio che noi definiremmo “esagerato” rispetto ai suoni forti, quindi è necessario parlare piano altrimenti è come se non sentissero, se “chiudessero il canale audio”).
Per Ligabue si potrebbe immaginare qualcosa di simile: il suo percepire in maniera amplificata suoni, odori, sensazioni tattili, lo rendono capace di cogliere in modo diverso dagli altri la realtà e stanno alla radice del suo genio artistico, ma nello stesso tempo lo allontanano dal “sentire comune”.
Alcuni esempi: la moglie del collezionista d’arte che visita lo studio del pittore Mazzacurati porta un collo di pelliccia. Dal suo luogo nascosto Ligabue vede la testa della volpe, coglie un movimento della coda, fissa gli occhi finti della volpe che si dilatano nella sua immaginazione… e inizia una specie di gioco/imitazione del cane che si eccita in presenza di un animale selvatico. La donna fa la battuta “c’è un cucciolo”, ma il guaire diventa un improvviso ringhio che la fa sussultare (perché incoerente con la situazione immaginata del cucciolo) e Mazzacurati cerca di zittirlo con il lancio di una scarpa o altro.
Altro esempio: il rapporto con gli scarriolanti si “gioca” su un piano abbastanza paritario, di scherzi e battute grossolane, ma di sostanziale accettazione. Ligabue però, a un certo punto, sente la necessità di manipolare la terra bagnata di piscio, di sentirla fra le mani, di darle una forma. ( Non è necessario che gli altri commentino: il gesto di per se lo “allontana” dalla “normalità” degli altri).
La sgozzatura della capra: soffermarsi sul suo giocare con l’animale, le carezze intense, poi cogliere alcuni particolari della capra morta (la lama del coltello, il dondolio della corda, l’urlo di Ligabue…)
Infine la processione dei ragazzi che escono dal Collegio di Marbach: nella sua immaginazione interminabile (v. deportati in fila nei campi di concentramento nazisti), lo scampanio ossessivo, il gesticolare del Direttore del Collegio come ad es. fregarsi le mani o passarle insistentemente sulle tasche o un tic nervoso o il riassettare le carte di fronte a sé di continuo e non guardare l’interlocultore o viceversa il fissare spesso lo sguardo sull’interlocutore attraverso delle lenti spesse) che lo fa innervosire e che provoca una reazione violenta nei confronti della madre adottiva.
Il rapporto con le donne: inizialmente Ligabue viene accettato, anche perchè ormai artista conosciuto, poi si addentra in discorsi sempre più ossessivi sulla bellezza delle donne grasse, sull’avere il culo grosso, il suo voler offrire alla propria donna la vita di una regina, ma chiusa dentro un castello, non uscirne più e continuare a mangiare…
Ovviamente non si tratterà di farne una macchietta, né a ogni scena far “degenerare” il pensiero di Ligabue, ma di sottolineare alcune scene, per narrare la distanza dagli altri.
Toni Ligabue – Biografia
Nacque in Svizzera (1899), la mamma era un’emigrata italiana. Espulso adolescente dal suo paese, visse da reietto nei boschi fluviali della Bassa Padana.
Brutto, deforme, fu pittore primitivo, oggi riconosciuto di fama mondiale.
Nella sua immensa solitudine popolata di incubi, Ligabue percepiva energie invisibili, amplificava la realtà dei sensi dipingendo giungle feroci con tigri, leoni e gorilla. Nel farsi lui stesso animale, riconosceva energie superiori.
Morte e vita pulsano nei suoi quadri.
Non si sa esattamente quando cominciò a dipingere, ma che si avvicinò alla pittura sprovvisto di tecnica e senza conoscere Van Gogh e i Fauves, a cui la sua pittura sembra in parte ispirarsi.
Ciò nonostante sarà cosciente di essere un artista – “un grande artista” dirà di sé.
La società rurale della Bassa, pur accettando in parte le sue stranezze, mostrò poco interesse per l’opera pittorica di Toni, se non per il guadagno che riuscirà a trarne allorché diverrà un pittore noto. La società borghese, gli intellettuali locali, culturalmente più adeguati a comprenderlo, lo blandirono come artista ma lo esclusero come uomo a parte poche eccezioni.
Anche nei giorni del successo, Ligabue rimase il pittore matto e immaginifico che dipingeva tigri, gorilla, leoni, giaguari, aquile e lupi stando sulla sponda del Po.
Un Salgari della tela.
Pur sentendosi inadeguato, Ligabue non rifiutò di rapportarsi col resto del mondo. Cercò a suo modo dei rapporti, che spesso si rivelarono dolorosi. Visse fino alla morte la contraddizione fra istinto e ragione, fra il suo essere uomo primordiale e animale, il suo nascondersi al mondo e il desiderio di essere amato.
Forse la sua cosiddetta pazzia fu tutta lì.
Appunti per sceneggiatura – estate 2014
Obitorio – una vasca di cemento addossata al muro, il rubinetto sgocciala in continuazione, un uomo seduto (Afro), faccia da contadino, capelli folti, corporatura robusta, accende una sigaretta… tira alcune boccate, guarda verso il tavolaccio in marmo con la salma di un uomo (Ligabue). Il viso della salma coperto da una maschera di scagliola bianca: l’uomo aspetta, tira altre boccate, butta la cicca sul pavimento, col piede la spegne… si alza, si avvicina e con le nocche tasta la scagliola che si è indurita… Si china, impugna la maschera con entrambe le mani… prima delicatamente… non riuscendo a staccarla, strattona la salma. La maschera infine si stacca, rivela il viso sofferto di un uomo consumato dalla vita (Toni Ligabue), il naso adunco, la barba ispida, il pomo d’adamo prominente. Tracce di scagliola sulle guance scavate e sugli occhi gli conferiscono una trasparenza fantasmatica…
Fiera zootecnica / Recinto di lenzuola – Maiali, vacche, oche, cavalli in esposizione… in fondo un recinto, delimitato da lenzuola bianche. All’esterno Afro con un megafono invita a visitare la mostra del pittore Toni Ligabue…
All’interno una dozzina di quadri: sono autoritratti di Ligabue. Il pittore (cinquantenne), cappello in testa, si muove al centro dell’arena (come in gabbia) in una sorta di danza sbilenca. Si atteggia nella posa dei quadri, mugola…: sguardi obliqui, smorfie brutali. Il dialogo arcano del pittore che i vari “se stesso” sulla tela…
Svizzera, orto di Elise madre adottiva – tra le aiuole di verdure perfettamente ordinate, Elise si prende cura dell’orto. Il viso affaticato della donna prossima alla sessantina: veste modestamente di scuro, ha il grembiule da lavoro e le maniche ripiegate.
Toni strappa le erbacce. Ha sedici anni: è piccolo e gracile, con una buffa testa a pera e il pomo d’adamo pronunciato.
Elise si avvicina, lo bacia sulla nuca. Con tono di blando rimprovero, gli confida le lamentele del direttore della scuola evangelica: lo accusa di dire parole sporche e bestemmiare Dio.
“E’ vero, Anton?”, chiede
Toni indugia a rispondere. Ha lo sguardo avvilito… Strattona la madre e scappa…
La madre lo richiama…
Toni di corsa lungo la strada bianca tra le case… Fuori paese si ferma. Curvo, ansimante, le mani sulle ginocchia per riprendere fiato… Si guarda attorno… in lontananza un cane attraversa la strada. Toni riprendere a correre…
Svizzera, paesaggio rurale – Il giorno è appena iniziato e ha smesso di piovere. Toni ha un’andatura goffa: sporco, spettinato, anche la giacca è malconcia; le scarpe e i pantaloni infangati indicano che il suo girovagare dura da giorni.
Raggiunge un boschetto: una macchia verde che la pioggia ha reso più intensa.
Tra gli alberi, accoccolato sul bordo di uno stagno, muove l’acqua con un rametto ed osserva i girini che saettano e vanno a nascondersi nel fango. Toni si alza, si sbottona i pantaloni, divarica le gambe e comincia a masturbarsi.
Svizzera, aia fattoria – Nell’aia, panni stesi ad asciugare, grida di bambini e belati nella stalla.
Toni è alla fontana, vestito da contadino, grembiule e zoccoli ai piedi; fa colare l’acqua su un pezzo di pane duro… il cane che gli mugola tra le gambe alza il muso in attesa del cibo. Esce una donna con una pila di casseruole, seguita da due ragazzini con pentole e secchi. Per ultimo, un bimbo: trasporta a fatica, con entrambe le mani, una marmitta troppo grande per la sua età. Il bimbo cerca di stare dietro ai fratelli… Quando capisce di non farcela, gira la marmitta e se la mette in testa (come un elmo) proseguendo alla cieca.
Lasciate le pentole ai piedi della fontana, la donna dice a Toni di non perdere tempo che il marito ha bisogno…
Svizzera – altro lato dell’aia, un contadino (il marito della donna delle pentole) trascina una capra che bela e punta gli zoccoli.
Lo sgambettare violento della capra impegna Toni che le saltella attorno ridendo eccitato. Quando infine riesce a bloccarla, la spinge a terra stringendola in un corpo, La capra, prigioniera del suo abbraccio, bela lamentosa. Toni mugola e ride…
La capra pende, testa in giù, dalla trave del portico: il contadino prende il muso dell’animale, lo serra contro la coscia e lo sgozza. Il fiotto di sangue che zampilla dal collo coglie Toni di sorpresa. Urla sguaiato e con le mani cerca di tamponare lo zampillo.
Il contadino lo allontana bruscamente; prende un catino di latta e raccoglie il sangue della capra agonizzante…
Svizzera – Ambiente rurale – accovacciato sotto un rascard (fienile in legno simile a una palafitta), Toni prende dalla tasca un pezzo di pane indurito, lo rosicchia… Annusa le dita ancora sporche di sangue. Ha un’espressione di ripulsa e cerca di pulirsi le mani sfregandole nella terra… raccoglie le briciole nel palmo della mano e in un sol colpo le ingoia… Torna ad annusare le dita che hanno conservato l’odore del sangue. Vomita…
Anni ’40 – Camerata Manicomio San Lazzaro, Reggio Emilia
Seduto su uno sgabello, davanti alla pediera del letto, Toni (quarantenne) dipinge modulando a bocca chiusa una nenia.
Ligabue mostra ben più dei suoi quarant’anni, capelli radi, un rossore sulla tempia destra, una necrosi sul naso.
Alle sue spalle, un infermiere lo osserva in silenzio: è Afro (circa trentacinque anni): indossa un grembiule grigio fin sotto il ginocchio. Si sporge di lato e con lo sguardo segue il pennello dalla tavolozza alla tela.
I colori sono vivi, il gesto lento e sicuro… il quadro Toni ce l’ha nella testa.
Afro cava dalla tasca del grembiule ciò che rimane di un sigaro: lo spezza…
Toni si volta, prende il mozzicone, con naturalezza lo annusa, lo mette in bocca e comincia a masticare; poi torna a dipingere…
Il soggetto è di ambiente rurale: un grosso cavallo da tiro… l’aratro impugnato dal contadino; sullo sfondo un villaggio, nuvole che minacciano pioggia e montagne già bianche di neve (v. Electa 249).
Afro: “Poi mi fai il cane?”
Toni non gli risponde: ha smesso di masticare… riprende a canticchiare la nenia.
Afro insiste.
Ligabue: “Poi ve lo farò”.
Afro: “Dici sempre poi”
Alle spalle di Afro sono arrivati alla spicciolata cinque sei matti. Borbottano… si scambiano sguardi. La discussione diventa via via più animata. Afro ordina a tutti di “smetterla con quella cagnara”
Svizzera, abitazione della madre naturale di Ligabue – Stanza in un disordine e piena di sporcizia: tre bambini (il più grande di 12 anni) giacciono sul giaciglio sudicio posato in un angolo del pavimento. Nei loro visi il pallore della morte. Una giovane donna (la madre) – il viso gravato da un’esistenza misera e il ventre ingrossato, li copre con coperta di lana grigia. La donna, accovacciata accanto al giaciglio, si preme il ventre. Ha lo sguardo perso nel vuoto…
Svizzera, rascard – Il fienile in legno sorge isolato nella quiete di un paesaggio verde e ondulato… Sotto il rascard la luce penetra a stento. Toni, pancia a terra, solleva lo sguardo verso il pavimento d’assi dell’edificio dove è nascosto… In primo piano gli appare, incombente, la figura del padre (Bonfiglio Laccabue), tratti da ubriacone. La voce di un giudice che pronuncia (in tedesco) la sentenza: “L’imputato Laccabue Bonfiglio, emigrato italiano, accusato di avere avvelenato i figli e la moglie … è assolto per insufficienza di prove”… Toni abbassa la testa, preme il viso contro la terra e stringe le mani a pugno contro le orecchie…
Golena del Po -Toni ha circa quarant’anni, infagottato in un cappotto militare ha un aspetto malandato, il viso scavato, il gozzo prominente, gli occhi allucinati, la calvizie incipiente… Beve la pioggia dalle foglie degli alberi… si avvicina guardingo a una fattoria, ruba alcune pannocchie in un campo di mais… Di corsa si allontana e va a nascondersi in una roggia. Sdraiato supino (sul dorso)addenta una pannocchia… Gli occhi osservano il passo degli uccelli migratori…
Svizzera, Municipio -L’impiegato al di là del bancone legge un’ordinanza: “Anton Laccabue, figlio naturale della defunta Maria Elisabetta Costa e di Bonfiglio Laccabue, emigrati italiani, domiciliato presso Johannes Valentin Göbel e la moglie Elise Hanselmann, essendosi allontanato dalla casa dei genitori adottivi e avendo violato la legge cantonale che vieta di condurre vita da girovago…”
Toni (sedici anni) è in piedi. Al suo fianco una guardia dal volto inespressivo.
L’impiegato prosegue nella lettura: “… è espulso dal territorio comunale di Romanshorn. (Il sindaco) ordina di accompagnarlo alla frontiera e consegnarlo alle autorità italiane”.
Toni si volta verso la guardia come per farsi spiegare…
L’impiegato non gli bada e si sporge, posa il foglio sul bancone e dice a Toni dove firmare.
Toni firma… lentamente.
Bosco di golena del Po – Toni (trentenne) cerca riparo al temporale imminente… Trovatolo, guarda i goccioloni urtare la terra dell’argine e scavare rigagnoli che scendono al fiume…
E’ notte: accoccolato sulla sponda del fiume, Toni si culla in una nenia sussurrata a labbra chiuse…
Ha sentito un fruscio… Un rapace notturno è sceso tra i cespugli ed ha catturato un ratto, col becco adunco inizia a strappargli le carni… Lo squittìo del ratto morente… Il lamento attecchisce nella testa di Toni in un crescendo lugubre e angoscioso.
Toni porta le mani a pugno sulle orecchie. Preme con forza e inizia a rotolarsi nella terra fangosa. Col viso a terra, coperto di limo, le mani in una pozza, si batte il naso con un sasso finché l’acqua si tinge di rosso…
Campi / Aia cascina / Fienile
E’ primavera, i contadini in campagna. Sul pavimento del fienile affacciato sull’aia della cascina, bottiglie vuote e vecchi attrezzi giacciono alla rinfusa. Toni (una necrosi sul naso) emerge come un fauno dal fieno. I quadri appoggiati alle pareti e dispersi nell’erba secca mostrano scene di animali che si azzannano, si sbranano, , un gorilla che soffoca una tigre, una tigra che sta pere ghermire un’antilope, un leone che ha appena ucciso uno gnu…
Una bambina di 6-7 anni (Elba) si sporge da una scala a pioli. Lo guarda. Toni, infagottato nel cappotto militare… la guarda a sua volta… borbotta… prende una bottiglia, beve un sorso… e comincia a cercare nel fieno. Scrolla l’erba secca dalla tavoletta dipinta (faina con galletto e fiori – v. Electa 94) e gliela porge. Elba scende col quadro… Toni si sporge: le galline, i maiali nell’aia… Elba attraversa l’aia, entra in casa… di lì a poco torna con una gavetta di zuppa…
Aia cascina /Fienile
Notte: giovanotti arrivano nell’aia cantando…
Rannicchiato nel fieno, Toni dorme in una specie di tana. I canti giungono affievoliti.
Ambiente cascina
(Sguardo di Toni dal fienile)
Donne che tornano dalla messa… rintocchi di campane festive….
Nell’aia c’è l’uomo che compra i capelli: le donne silenziose si mettono in fila. La prima è già seduta sullo sgabello, l’uomo le taglia la treccia poi le mostra il contenuto di una valigetta di cartone. La donna estrae un foulard a fiori e se lo annoda sulla testa rapata. Va alla roggia dove Elba gioca con altri bambini e torna a mettersi in fila con la bimba per mano…
Fienile
Toni guarda obliquo la tela appesa alla rastrelliera che fa da cavalletto. Simula assalti improvvisi… arretra… bofonchia, mugugna… ruota il pugno disegnando ampi cerchi nell’aria. Il soggetto del quadro (non finito) è un autoritratto. Curiosità, paura, sorriso si alternano negli occhi di Elba.
Dalla scala a pioli la bimba assiste al rituale. Ha i capelli rapati. Vede il pittore pendolare la testa, comprimersi le orecchie e le tempie con forza, quasi a schiacciarle. Elba scende di alcuni pioli e si stringe timorosa alla scala. Quando risale, Toni ha cominciato a dipingere: ha una ferita sulla tempia e modula una nenia arcaica, nasale.
Campi/ Aia cascina/Fienile
Autunno: la nebbia sui campi.
Nell’aia una famiglia si prepara a partire con un carro carico di masserizie… i bambini appollaiati sul carro…
Sul fienile, Toni dipinge l’assalto di una tigre a un serpente (v. Electa 96)…
Atmosfera ovattata (di attesa) rotta da un urlo straziante.
Toni cammina incerto sprofondando nel fieno… s’affaccia: vede la madre di Elba disperarsi al centro dell’aia; l’uomo e la donna scendono dal carro, le vanno incontro… poi la seguono in casa
Voci dei contadini che attraversano l’aia.
La donna del carro esce di corsa, abbraccia una donna anziana che sta arrivando.
Donna: “L’acqua bollente…”
Fienile – Lo sguardo allucinato di Toni: sequenza caleidoscopica dai quadri di Toni, foreste, pianure, campi, steppe, teatro di lotte di ogni tipo, senza pietà. Ferocia e crudeltà: un leone e un leopardo si affrontano per la carcassa di un cigno, un uccello è caduto tra le zampe di una vedova nera ecc.
Aia
Notte: voci cantilenante di donne e uomini che recitano il rosario. Toni sul fienile è tornato a dipingere…
Casa di Elba
Donne e uomini in nero si scostano senza smettere di pregare, per far passare Toni che va a posare una tavoletta dipinta accanto al cadaverino di Elba… E’ il suo ritratto (v. Electa 102): il viso giallastro, i capelli corti, gli occhioni sbarrati… sullo sfondo le case dei mezzadri, i fiori bianchi e gialli nel prato…
Anni ’40 – Stanzino / Camerata dormitorio Manicomio San Lazzaro
Afro chiede al collega: “La capitale della Mongolia?” Il collega ci pensa…
Sono seduti nella stanza degli infermieri; Afro fa le parole incrociate.
“Ulan Bator … Andiamo?”
Nella camerata dormitorio il silenzio notturno amplifica il ronzio di una mosca attorno alla lampadina che pende dal soffitto. Afro e il collega infermiere entrano per il giro di sorveglianza. Toni si tira il lenzuolo sul viso.
Afro si accosta al suo letto ed abbassa il lenzuolo: Toni ha gli occhi aperti e lo sguardo impietrito.
Gualtieri (Italia / Emilia Romagna) – Municipio, ufficio del sindaco
Il grande orologio a pendolo nella stanza… lo sguardo (di Toni ventenne) va dal pendolo al ritratto del Re Vittorio Emanuele III in alto sulla parete; si posa sulla scrivania con il tampone assorbente, i timbri, la boccetta dell’inchiostro (ecc). Le dita grassocce di un uomo che legge una lettera…
Voce f.c. di uomo di mezza età: “…Antòn non è di cattivo carattere…”.
Il volto rubicondo del sindaco che gli si rivolge con accento emiliano: “Antòn in Svizzera… qui però sei Toni… (pausa) l’hai imparato il dialetto?”
Toni, in piedi… movimento dello sterno… come se deglutisse. Il suo sguardo si posa sul gonfalone con la scritta “Città di Guastalla”…
Viso rubicondo del sindaco che continua nella lettura: “… Anton, Toni, non beve, non ama i divertimenti, la sua soddisfazione è stare con le bestie…”
Svizzera, Casa di Elise – Seduta in cucina, Elise rilegge mentalmente con voce turbata una lettera che sta per imbustare: “… Mio marito ed io lo abbiamo denunciato perché vogliamo che diventi ubbidiente. Ora signor Sindaco Ella sa perché si trova a Gualtieri e la prego di un grande piacere: se lei potesse farlo tornare in Svizzera sperando che faccia il bravo, io lo accetterei di nuovo volentieri. Lui in Italia non c’è mai stato e non pensavo lo mandassero via davvero. Anton l’ho sempre allevato come mio vero figlio…”.
Gualtieri ufficio del Sindaco – Il brusio sulla piazza (un comizio ?) copre le parole del Sindaco, che infastidito si alza, chiude la finestra e con la lettera di Elise in mano riprende la lettura: “… e pagherei il disturbo volentieri. Se ella vede che ha bisogno di denaro mi faccia sapere che allora ne spedisco…”.
Bosco golena di Po – Lo sguardo fisso di Toni (trentenne) accucciato nel bosco, il sangue rappreso sul naso…
Davanti alla baracca di mattoni crudi in cima all’argine, un uomo (fotografo ambulante) sollecita i carriolanti a mettersi in posa attorno al carrello con l’asino. I carriolanti, robusti con l’aria spavalda, ridono indocili ai comandi del fotografo…
Toni spia la scena: il fotografo prende un carriolante per la camicia e tra i lazzi dei compagni lo trascina davanti al cavalletto, vicino ai più diligenti, già in posa.
“Mettiti giù. Così!” gli dice, costringendolo a terra. Un carriolante esce dalla baracca con una bottiglia di vino e si mette in posa di fianco agli altri nell’atto di riempire il bicchiere a un compagno.
Fotografo: “Fermi così!”
Un lampo e i carriolanti immobili come statue rimangono in posa.
Il fotografo, spazientito: “E’ fatta, andate! potete andare!”.
Ritrovate le carriole, gli uomini scendono uno dopo l’altro la sponda dell’argine…
Toni allontana, curvo tra la boscaglia dell’argine…
Altri schiamazzi in lontananza: biciclette appoggiate agli alberi… Sulla riva giovanotti e ragazze in costume da bagno si godono il sole e chiacchierano. Una ragazza dice “Adesso basta discorsi da maschi”. Propone di fare il bagno tutti assieme… Si tuffano. Tra loro un giovane molto prestante (Marino Mazzacurati) nuota con robuste bracciate al centro del fiume… si ferma e galleggia (in posizione da morto) con il sole negli occhi. Si volta e (come in una visione sovraesposta) vede Toni sull’argine che cammina con andatura dondolante. Il giovane fa una giravolta nell’acqua, riemerge e lo segue con lo sguardo… Gli amici lo chiamano “Marino!… “ ancora schiamazzi…
Lanca
Il paesaggio immobile della lanca nei colori autunnali…
Toni (trentenne) cerca di catturare un piccolo pesce prigioniero in una pozza, ma il pesciolino gli si sfila dalle mani… Insiste… nota un movimento tra le canne. Si alza, fa il giro della lanca e scopre che era una nutria… Nota un fagotto che galleggia nell’acqua stagnante. Entra nella lanca e per mezzo di una pertica cerca di agganciarlo; capisce che è il cadavere di un cane, lo trascina a riva, lo ripulisce dalle foglie e lo copre con ciottoli grandi…
Bosco di golena, notte di luna piena – le ombre grigie degli alberi… Toni (trentenne) rientra con la consueta andatura ondeggiante verso la baracca di frasche…
Miagolii feroci e striduli dicono che è in corso una lotta tra gatti. Toni entra nella baracca, poco dopo esce minaccioso, stringe un bastone in mano, mena grandi fendenti nell’aria e urla parole in tedesco…
Bosco di golena – La nebbia dilaga tra gli alberi. Il giovane prestante (Marino Mazzacurati) cammina con lo sguardo ai rami incrostati di brina. Indossa un pesante maglione col il collo rivoltato, tiene le mani in tasca e non pare sentire il freddo che i vapori del respiro dicono intenso.
Quand’è sulla sponda del fiume, raccoglie un sasso piatto e lo lancia facendolo rimbalzare sulla superficie ghiacciata.
…
Sentito il rumore, Toni si affrettaa rientrare nella baracca… Spia da una fessura il giovane che si avvicina, lo vede guardarsi attorno, curiosare nel recipiente di latta sul focolare di sassi, e ritrarsi di scatto.
…
Toni esce dalla baracca mugulando versi animaleschi… comincia a girargli attorno. Il giovane non sembra preoccupato. Siede su un ceppo e, facendo perno su questo, si gira di scatto, a seconda del punto in cui Toni gli appare.
Il giovane comincia a parlargli: gli chiede del freddo mai così intenso come quell’inverno… gli alberi coperti di brina… il fiume ghiacciato.
Il tono gentile dello sconosciuto sembra rassicurare Toni che, pur continuando a girargli attorno, gli indica a gesti (indicando il recipiente di latta sul fuoco) facendogli capire che se ha fame può condividere il pasto.
Mazzacurati: “Che cosa cuocete là dentro?”
Toni: “Un gatto” (in svizzero tedesco).
Mazzacurati risponde con un sorriso imbarazzato.
Studio del pittore Mazzacurati – Gualtieri
Rannicchiato in un angolo, Toni osserva il pittore davanti al cavalletto, i movimenti della sua mano, il pennello che mescola i colori e li porta alla tela…
Stanza presso lo studio del pittore /Studio del pittore
Toni seduto al tavolo con un piatto di zuppa, il vino, il pane… Porta il cucchiaio alla bocca, aspira il liquido rumorosamente.
Mazzacurati stende le lenzuola sulla branda, rassetta, aggiunge una coperta, fa scivolare il guanciale nella federa…
Toni di sottecchi lo guarda.
Mazzacurati mentre fa per andarsene: “Aggiungete legna prima di mettervi a letto, fa ancora freddo”.
Toni bofonchia per dire che ha capito.
Si alza, scosta la coperta, prende il cuscino, lo tasta e sentendolo morbido lo butta sul pavimento.
Toni si gira nervosamente nel letto. La stufetta disegna vaghi chiarori sul soffitto e sulle pareti.
Toni rivive i fantasmi della giornata trascorsa nello studio del pittore…
…
rivede la coppia che improvvisamente si è affacciata allo studio: l’uomo ha il cappello e un cappotto elegante, la donna indossa un collo di volpe.
L’uomo parla con Mazzacurati. Dal suo nascondiglio dietro le tele, Toni vede la donna curiosare tra i quadri… scosta le tele dalla parete e le osserva dall’alto. Si avvicina, e lo sguardo di Toni muove inquieto sul suo collo di volpe… cogliendo un improvviso movimento di zampe… e, sul muso, una ferocia negli occhi di vetro soffiato: gli occhi dell’animale si dilatano fino ad assumere una dimensione spettrale. Toni comincia a ringhiare.
Mazzacurati tranquillizza i suoi ospiti: “E’ la cagna, ha fatto la cucciolata dietro i quadri”.
La donna ha un’espressione indulgente…
Toni si alza, sfila le lenzuola, le trascina ai piedi del letto calpestandole senza riguardi. Prende la bottiglia, versa il vino nella stufa spegnendola. Va verso la finestra: prende un tubetto di colore, svita il tappo, lo guarda… preme, fa scendere un po’ di colore sul palmo. L’annusa… Prende un altro tubetto, lo svita… Osserva i due colori uno accanto all’altro e li mescola. Porta la mano al viso e si accarezza. Il naso, il collo, la fronte sono imbrattati. Prende lo specchio appeso di fianco all’armadio e lo porta vicinissimo agli occhi. Si guarda, si gira, esce e nel buio scompare…
Argine del Po
Toni cammina con un frammento di specchio tra le mani, bocca spalancata e lingua di fuori. Emette suoni tra il gutturale e l’acuto ed è come se dialogasse con l’immagine riflessa di sé.
…
Il sole è allo zenit. Toni gioca con lo specchio: movendolo riflette il baluginare della corrente, che è argento e oro, la schiuma sull’argine, che ha il colore del sangue, i sassi bagnati che risplendono come diamanti, in rapido mutare di forme simile alla fantasmagoria di un caleidoscopio.
Guastalla – Pia Cantina di San Francesco
Il baccano è altissimo: risate sonore, barzellette, incitazioni e battute di spirito. Uomini gaudenti – visi rossi di vino e di cibo – si accalcano attorno alla tavolata dove si sta svolgendo una gara. Davanti a un grande teglia stracolma di gnocchi, i due contendenti: uno alto e allampanato, l’altro un Tartarino imponente. Nel grande salone fumoso, le pareti sono zeppe di quadri. Gli uomini discutono, ridono. Qualcuno passa da un crocchio all’altro cogliendo frammenti di avventure galanti, progetti artistici, racconti di caccia e pesca sul fiume… Nel frattempo si incitano i due contendenti a non abbandonare la sfida.
La gara prosegue: l’allampanato e il Tartarino affondano il cucchiaio nella teglia e lo portano pieno alla bocca; mangiano e sudano. Col tovagliolo si detergono la fronte e la bocca impiastrata di sugo.
Un uomo grasso col grembiule stappa una bottiglia e colma i bicchieri dei due contendenti: “così lubrifica meglio”; passa quindi a riempire gli altri bicchieri…
Nel caos di voci e incitamenti, nessuno si è accorto dell’arrivo di Afro seguito da Toni che calza stivali e sembra a disagio nel suo abito liso e decisamente abbondante.
Nessuno li ha notati, tranne l’uomo grasso che li raggiunge e saluta accigliato:
“Stasera Ermanno non ha appetito”.
Si volta e grida: “Forza, resisti!”, poi versa da bere ad Afro che, in lieve imbarazzo, libera Toni del quadro che porta sottobraccio e gli passa il bicchiere.
Afro (all’uomo grasso): “Lui è pittore. Ha portato questo, così lo aggiungi agli altri … se trovi un posto”.
Le parole si perdono nel brusio alle loro spalle. Il contendente allampanato ha abbandonato la sfida e prorompe in un rutto imponente. Qualcuno gli grida: “violino! violino!”. Un uomo al suo fianco si affretta a porgergli la custodia dello strumento. L’allampanato impugna l’archetto. Il brusio si spegne. Comincia a suonare (“Sempre libera” dalla Traviata di Verdi) e gli sguardi appesantiti dal vino e dal cibo si accendono di una luce innocente.
Toni, rimasto solo in un angolo, ha cominciato a ballare: ruota su se stesso, ondeggia, solleva le braccia. Gira il suo corpo sgraziato. Gira e appare candido e puro.
Gualtieri / Piazza – Nel silenzio del pomeriggio d’estate non si scorge anima viva. Il rombo di una moto che sta arrivando. Sulla Guzzi rossa, Toni vestito da motociclista, giaccone di pelle ed occhiali, irrompe nella piazza. E’chino sul manubrio con alcune tele legate alle spalle. Fa il giro della piazza e si ferma presso un negozio da barbiere. All’interno il barbiere che stava pisolando si sveglia. Osserva Toni che slaccia le tele, le dispone sotto il voltone… si guarda attorno… La città è deserta, passa una coppia… Toni tenta di fermarla proponendo l’acquisto di un quadro…
Bosco di golena / Baracca di frasche /Fiume
La moto rossa di Toni percorre una strada bianca… Si inoltra tra i pioppi… Giunto alla baracca, si ferma, mette la moto sul cavalletto e scarica i quadri. Prende una pezza e comincia a spolverarla.
Chiacchierio di donne… Toni va di soppiatto verso l’argine… Una lavandaia esce dall’acqua: passato l’arginello viene tra gli alberi… Con lo sguardo Toni la segue: la donna comincia a sfilarsi la sottana bagnata…
Toni si affretta ad entrare nella baracca.
All’interno le tele sono accumulate una sull’altra: leoni, tigri, antilopi, cervi… ritratti…
Toni spia dalla fessura della baracca: vede arrivare altre due donne (lavandaie) che camminano silenziose. Giunte nei pressi della baracca se appendono un reggiseno e una mutanda da donna al ramo di un albero. Poi se ne vanno svelte, ridacchiando…
Baracca di frasche – notte
Il viso di Toni che parla tra se e se: parole in tedesco, espressioni di affetto, come usava Elise, la mamma adottiva… Ha indossato le mutande da donna e il reggiseno… si stringe il petto, fa scendere lentamente le mani… preme sull’inguine…
Il buio lungo il fiume, le voci della notte
Anni ’40 – Manicomio San Lazzaro / Ufficio Direttore
Afro percorre la camerata tenendo sulla testa una tela di discrete dimensioni. Attraversa il giardino, entra in una palazzina, sale le scale urtando le pareti col quadro. Bussa all’ufficio del Direttore che lo accoglie distrattamente. Gli mostra la tela e gli restituisce una foto. E’il ritratto del Direttore.
Lo sguardo del Direttore sulla firma: Antonio Ligabue…
Afro: “Il nome Laccabue non lo vuole più…”.
Afro ricorda al Direttore qualcosa da fare. Il Direttore prende nel cassetto della scrivania un foglio di carta intestata…
Anni ’40 – Strada bianca / casa di Afro
Afro sul sellino posteriore di una moto col sidecar si tiene a Toni vestito da motociclista. Dice a Toni di fermarsi davanti a una casa: scende dal sellino e va verso un recinto…
Di lì a poco, torna con due cani da caccia (setter), li fa salire sul sidecar e dice a Toni di ripartire…
Paesaggio della Bassa
La moto col sidecar ferma sul ciglio della strada bianca.
Nel prato, Afro fischia ai cani scatenati in furibonde corsette. Tra un fischio, una corsa, un richiamo, racconta a Toni le prodezze di cui sono capaci quando va a caccia.
Afro (solenne): “Dormono con me, loro sono meglio di una moglie”.
Racconta che anche lui non ha voluto sposarsi:
“Per essere libero!”. Sorride a Toni seduto nel prato con la schiena appoggiata a un albero.
Poi, parlando in terza persona, come se Toni non fosse presente:
“Invece di sposarmi mi sono affezionato al quel selvatico del Tedesc… che quando gli chiedo un quadro coi cani s’inventa delle scuse, chiede sempre qualcosa in cambio, rimanda”.
Afro lancia un sasso…i cani che prendono la rincorsa…
Appoggiato all’albero, Toni si culla nel suo salmodiare arcaico.
Afro: “Eppure per lui Afro s’è dato da fare. L’ha tirato fuori dal manicomio… ha convinto il Direttore in cambio di un ritratto che poi non è neppure dei suoi quadri più belli…”
Trattoria di paese
La moto è parcheggiata davanti: Afro scarica uno dopo l’altro, quattro quadri dal sidecar,: una tigre (v. Electa 128), un cane da caccia con paesaggio (v. Electa 127), un’aquila con volpe (v. Electa 137) e un autoritratto (v. Electa 132) Rassicura Toni: “Gli piaceranno…”. Poi soffermandosi ad annusare l’aria: “Pure oggi non ti sei lavato sotto?”.
Nella trattoria, seduto al tavolo, un uomo li attende, un giornalista di un settimanale locale. Sta pranzando. Afro mette i quadri contro i tavoli. Il giornalista li guarda e continuando a masticare si lancia in giudizi critici… Parla di ispirazione, di significati reconditi, di art brut; per sostenere il discorso cita un “noto” critico d’arte con parole il cui significato sfugge ad Afro, che lo guarda e ascolta a ammirato, mentre Toni sta indifferente in disparte. Il giornalista promette di scrivere un pezzo. Lo intitolerà – Il pittore matto.
“Sa, sono cose che fanno vendere”.
Davanti alla Trattoria / Strada
All’uscita Afro è felice. Toni arrabbiato perché Afro ha voluto che regalasse al giornalista un suo quadro.
Afro lo accusa di darsi delle arie. Toni sale sulla Guzzi, mette in moto, accelera e scompare lasciando Afro a piedi….
Casa / Cortile di Afro
Mattino: Afro si sta sbarbando. Dalla finestra vede Toni dipingere… Guarda verso il recinto e vede che i cani ora non sono più due ma quattro. Si precipita fuori e scopre che i due nuovi ospiti del recinto sono bastardi da pagliaio.
Chiede spiegazioni, irritato
Toni risponde mellifluo. Dice che sono un regalo:
“So quanto queste bestie vi piacciono”.
Afro sembra non voler cogliere la provocazione:
“Mi piacciono ma quelli non li voglio perché portano malattie, e i setter sono delicati”.
Toni borbotta rassegnato: “Se proprio non vi piacciono, sarò io a occuparmi di queste due povere bestiole”. Fa uscire “le povere bestiole” dal recinto, e dopo averle legate a un palo recita una preghiera in tedesco e impartisce loro una sorta di benedizione.
Afro indispettito ripete che non li vuole nel recinto nè altrove…
Un signore e una signora vestiti elegantemente si fermano, guardano le tele. La donna chiede se dipinge soltanto animali.
Villa della coppia elegante (Parco / stanza / sala da pranzo)
Lo sguardo spazia sul parco e, come trascinato dalla sonata di un flauto (Fantasia n. 3 di Telemann), muove verso una finestra aperta. All’interno un signore elegante sta suonando.
In un’altra stanza c’è Toni, solo, seduto a un tavolo da pranzo apparecchiato con cura. Alle sue spalle, un cavalletto da pittore con una piccola tavoletta dipinta (v. ritratto di Andrea – Electa 120). Toni si guarda attorno imbarazzato finché la sua attenzione va al grande specchio dorato di fronte all’ingresso. Guardandolo vede entrare, riflessi nello specchio, i padroni di casa col figlio, che si riconosce essere il ragazzino del ritratto.
L’uomo saluta Toni in tedesco: dice che è per fare esercizio: il primo concerto della tournée sarà proprio a Berlino.
I modi dei padroni di casa sono in netto contrasto con quelli di Toni.
L’uomo elegante dice al figlio che metterà il ritratto in valigia. La donna spiega a Toni che il marito starà via alcuni mesi…
L’uomo suggerisce a Toni di preparare nel frattempo una trentina di tele; al ritorno, vedrà se varrà la pena mostrarle a un amico, gallerista prestigioso a Milano, che forse potrebbe organizzargli una mostra…
L’espressione “vale la pena” fa infuriare Toni che ha uno scatto di violenza improvvisa: tira via la tovaglia dal tavolo, manda il prezioso servizio di stoviglie in frantumi, insulta, impugna la forchetta e minaccia.
La donna urla di paura, il figlio piange, il musicista tenta di scusarsi e la furia di Toni finisce per culminare in una crisi epilettica.
Manicomio – anni ?
Sera: gli infermieri controllano che i matti siano a letto. Afro si avvicina a Toni: “Hai visto? Ti abbiamo tenuto il letto caldo!”. E’ contento di rivederlo malgrado la nuova ferita sul naso e l’aspetto sempre più logoro. Toni si limita a un saluto con gli occhi.
…
Notte: gli infermieri se ne sono andati e un cigolio ritmato dice che qualcuno si sta agitando nel letto… Di fianco a Toni un matto si sta masturbando: la mano sinistra sulla coperta impugna una foto, mentre la destra, sotto le lenzuola, agisce sul membro. Sussurri e risatine… il matto non ce la fa a venire e passa la foto a Toni: “Provaci tu!”.
Dopo qualche colpo svogliato, Toni desiste.
La foto passa da un matto all’altro, di letto in letto fra ghigni, cigolii e battute.
…
Mattino: Afro e il collega infermiere accompagnano i matti nei bagni. Toni si spoglia: è a petto nudo; fa colare il rubinetto, mette la testa sotto, poi si butta l’acqua addosso a manciate, schizzando da tutte le parti… Afro gli suggerisce di lavarsi anche sotto, poi gli chiede se è ancora arrabbiato.
Toni, grondante acqua, fa cenno di no con la testa e chiede notizie dei cani.
“Uno ha preso la rogna e l’ho dovuto ammazzare, l’altro è vecchio e anch’io ne ho abbastanza di spari…”.
Scena intermedia
Toni chiede ad Afro di farlo uscire
Seconda metà anni ’50 – Osteria di campagna
Le rotondità dell’ostessa che si muove con agilità da un tavolo all’altro, catturano lo sguardo di Toni ed Afro. Il culo enorme, ondeggiante, della donna (non più giovane) sembra riempiere la scena.
Afro la chiama: la donna, poppe generose, stende la tovaglia sul tavolo e chiede se hanno fame.
Afro trova il modo di dirle che il suo amico è un famoso pittore.
La donna, disinvolta, scosta una sedia, siede vicino a Toni, fa l’elenco dei piatti del giorno.
“Pollo e da bere lambrusco” dice Toni con lo sguardo sul decolté della donna. L’ostessa si mostra lusingata e lascia che Toni le accarezzi la mano.
La vecchia madre dal banco tiene d’occhio la situazione e ad alta voce, in modo che i clienti seduti ai tavoli la possano sentire, dice che sua figlia vale molto: chi la vuole sborsi cinquanta milioni.
Il candore di Toni contrasta con l’ambiguità delle due donne…
Afro sorride ammiccante…
Toni chiede all’ostessa se può aspettare: venderà quadri in America e verrà con i soldi.
La risposta è una risatina equivoca, a cui Toni non bada. Con la mente è già altrove: Afro, l’osteria, la vecchia, il lambrusco, sono scomparsi. Nei suoi occhi ora c’è un castello “svizzero” come quelli dei suoi quadri (v. Electa 357)…
Castello svizzero
Il castello ha le torri, i merli, i tetti aguzzi, il ponte levatoio, e a fare la guardia all’ingresso ci sono due mastini feroci. In una grande stanza, con il letto a baldacchino, c’è l’ostessa che indossa una vestaglia ricamata, e lo aspetta. Toni viene da lei con una bacinella dorata. L’ostessa si alza, mette un piede nella bacinella; Toni amorevolmente glielo lava…
Casa di Afro / Castello svizzero
Gli occhi sbarrati di Toni nel letto, di notte, a casa di Afro:
Toni siede sul letto a baldacchino accanto all’ostessa; si sporge per darle un bacio:
“Un bacio, uno solo vi prego… sulla bocca… Dovreste avere piacere a baciare me…”
La donna si ritrae… Toni si stringe a lei e insiste per baciarla.
L’ostessa si gira allontanando la bocca da quella di Toni… che infine riesce a baciarla sulla guancia, poi sulla fronte, poi sul mento e di nuovo sulla guancia… La sua gioia esplode incontenibile: “Ecco… grazie… grazie tanto… carina… adesso è tutto splendido per me”.
Centralino – Gualtieri
La centralinista, infastidita dalla voce di Afro che nella cabina telefonica parla a voce alta. Afro si sporge, e si giustifica con le persone in attesa: “E’ da Roma!”. Poi, sottovoce, con la mano sulla cornetta: “è per Toni… la galleria di Roma…”
L’interlocutore dall’altra parte della cornetta chiede se ha capito bene: deve dire a Toni che la mostra si fa. Prepari i quadri: tanti di tigri, tanti di gazzelle, tanti autoritratti e vedove nere e nei seguenti formati: cinque 70X100, altri cinque 100×100, poi i piccoli formati che si vendono sempre…
Afro conferma ossequioso che faranno esattamente come dice, non gli faranno fare brutta figura e più volte ringrazia…
Stanza, casa di Afro
Toni è alla finestra: guarda attraverso la grata che fa assomigliare la stanza a una cella. Fuori il cielo è gonfio di nuvole bianche che si muovono, si sfilacciano e si ricompongono in rotondità morbide e candide. Si gira: la moto Guzzi è appoggiata al letto assieme a un’altra moto di marca diversa. Sul cavalletto un quadro iniziato, il coccodrillo imbalsamato in un angolo… appoggiate al pavimento e alle pareti altre tele, alcune già impacchettate, pronte per essere spedite. Va verso la porta, prova ad aprirla ma è chiusa a chiave da fuori…
Strada / Cortile casa di Afro
Una donna corpulenta (prostituta) si tiene alla modanatura del sidecar… Giunti nel cortile, Afro spegne il motore, scende e va diretto alla finestra con la grata: cerca Toni al cavalletto, non lo trova, allora batte sul vetro. Toni è di spalle, intento a lucidare una delle due moto. Quando lo vede Afro ha una reazione di stizza, ma si trattiene, torna a battere sul vetro e chiama:
“Toni, Toni! Vi ho portato la donna che volevate”
“Ha il culo grosso” (sottovoce)
Toni non risponde… Afro si gira verso la donna che uscita a fatica dal sidecar. E’ contrariato
Prestigiosa galleria d’Arte – Roma
Discorsi e frivolezze del pubblico colto ed elegante del vernissage.
Lo stupore negli sguardi di chi sfila davanti ai quadri di Toni.
Maestro di cerimonia è un critico che definisce Toni uno dei grandi primitivi della pittura italiana ed europea.
Davanti al grande quadro intitolato “Re della foresta con serpente e scheletro” (v. Electa 333) il critico d’arte intrattiene alcune signore: Il pittore esprime qui un dialogo con la natura autentico nella sua necessità di estrinsecazione; parla di immaginario feroce, pulsioni irrazionali irrefrenabili, che riposano su subite censure d’infanzia e d’adolescenza…
Afro segue con interesse i discorsi del critico ed approva con ripetuti segni del capo… in particolare l’ultima frase, quella sulle censure d’infanzia e d’adolescenza.
Visi assorti da intellettuali fanno crocchio attorno alla giornalista della sc. 51.
La donna racconta della sua visita a Toni in manicomio; parla di creatività autoctona e autarchica, di un visionarismo vertiginosamente individuale e possedutamente assoluto.
Carrellata di primi piani sulle belve dei quadri – tigri, leoni, leopardi, oranghi, antilopi, serpenti – che si sovrappongono e ruotano in un’accelerazione ipnotica. Toni, vestito a festa, in piedi a testa bassa in un angolo, non sembra interessato al rito del vernissage, nessuno lo cerca, né sembra ascoltare. Appare fragile, arrendevole… come le prede dei suoi quadri. Vinto come vinta e addomesticata appare ora la sua arte, preda delle parole del critico e dei birignao del pubblico colto ed elegante.
Vie di Roma
Notte: una Fiat 1400 per le strade di Roma. A guidare è un autista.
Toni ed Afro siedono sul sedile posteriore.
Afro non sembra essersi accorto dell’espressione spossata dell’amico. Descrive entusiasta i luoghi della Roma di notte…: i ponti sul Tevere, San Pietro, Castel sant’Angelo, Fori imperiali.
“Portaci al Colosseo” dice all’autista.
Colosseo
L’autista li fa entrare per un passaggio che dice di essere tra i pochi a conoscere. Racconta dei gladiatori che lottavano con le belve…
Afro interviene con qualche commento saccente… Le parole sfumano. Nella mente indebolita di Toni il racconto di quelle antiche lotte feroci prende forma di artigli, di fauci, zampe e ferite sanguinanti, di corpi che si contorcono nello spasimo della morte… Urla, ruggiti risuonano dissonanti nella sua testa. Porta le mani alle orecchie. Strepita e ringhia, il suo viso assume un aspetto beluino…
Afro lo prende per le spalle: cerca di tranquillizzarlo. Lo trascina fuori con l’aiuto dell’autista. Insieme lo convincono a salire sull’auto per ritornare all’albergo.
“Non all’albergo”, dice Afro con fermezza. “A casa”.
Strada fuori Roma
Lo sguardo dell’autista sullo specchio retrovisore: i visi di Afro e di Toni… le luci della città alle loro spalle…
L’uomo distoglie lo sguardo appena in tempo per accorgersi di un bambino in bicicletta e spostarsi al centro della carreggiata.
Toni piega il busto lentamente: scende, scende fino a posare il capo sul grembo di Afro. Chiude gli occhi. Afro gli poggia una mano sulla testa.
L’auto continua il viaggio nella notte.
FINALE
Funerale di Ligabue (Requiem di Verdi) – Piove, corteo di gente con gli ombrelli… di seguito (in animazione) stesso luogo, c’è il sole, la bara di Ligabue seguita dagli animali dei suoi quadri: tigri, volpi, aquile, giraffe, galli, leoni, scimmie, conigli, antilopi, cani da caccia, cinghiali, cavalli da tiro, lupi, foche…
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