Sardi, minoranze nazionali e politiche linguistiche nel nuovo libro di Diego Corraine
Aprile 28, 2024SARDU A BISU MEU!
di Diego Corraine
Ed. Insula 2022
Essere sardu in sardu: ideas in contu de limba sarda, limbas e natziones, Essere sardo in sardo: riflessioni sulla lingua sarda, lingue e nazioni.
Il sottotitolo spiega bene l’intento del libro, che raccoglie il pensiero politico e culturale di Diego Corraine, militante sardista e storico editore di Papiros, in Nuoro. In 295 pagine, Sardu a bisu meu (Sardo, a parere mio) riunisce decine e decine di articoli sparsi e interventi di Corraine pubblicati fra il 1986 e il 2021 su riviste e quotidiani (numerosi quelli apparsi su La Nuova Sardegna). Coerente con la propria militanza, Corraine scrive per lo più in sardo (ma alcuni interventi sono in italiano) sviluppando temi e concetti che valgono per tutte le nazioni minoritarie, Euskadi, Catalogna, Ladinia, Occitania, Galles, Scozia ecc. e non solo per la sua Sardegna. Spazia tra la linguistica e la normalizzazione grafica, l’uso della lingua nei media – giornali, tivù, internet – e nella liturgia; disserta di partiti politici sedicenti sardisti, scuola, coscienza nazionale, bilinguismo, assimilazione linguistica, dialetti e lingua comune, uso folclorico e paternalistico della lingua, autodeterminazione e indipendenza, rapporti con i partiti italiani, politica estera e relazioni con le altre minoranze linguistiche, in una visione plurale che contrasta e si oppone al globalismo omologante del modello occidentale-americano.
In un periodo in cui, per lo meno in Italia, le minoranze linguistiche hanno smesso di fare politica (ne siamo un esempio noi Occitani, che da tempo non abbiamo più un movimento, un partito, che accolga le nostre istanze ed elabori una visione che non sia semplicemente culturale. E se facciamo politica, quel poco che facciamo è “politica italiana”), Corraine propone concetti che sono fondamento di un’ipotesi di riscatto per le minoranze linguistiche, minoranze minorizzate, nazioni soggette ad altre nazioni egemoni. Corraine insiste su una distinzione che gli è (mi è) cara, quella fra nazionalismo di liberazione e nazionalismo di dominio. Il primo positivo, di presa di coscienza di sé fino all’autodeterminazione, il secondo oppressivo nei confronti di altre nazioni. Dal nazionalismo di liberazione, soltanto da quello, deriva il vero internazionalismo fra nazioni (ad ogni lingua corrisponde una nazione, come predicava François Fontan), libere e affratellate.
Altro concetto fondamentale del pensiero di Diego Corraine riguarda la lingua. Quale approccio? Una semplice politica linguistica “conservativa” non è sufficiente a evitare che una lingua di minoranza decada fino a estinguersi. Un’efficace politica linguistica dev’essere assolutamente “riabilitativa”. Dobbiamo infatti considerare che le lingue di minoranza vivono tutte (benché a livelli diversi) una situazione di crisi. Sono parlate nei casi migliori da una buona percentuale di anziani, mentre le percentuali di giovani e adolescenti che le parlano sono bassissime. Tutte sono in grave recesso. E’ quindi necessario forzare la mano, con obblighi linguistici – anzitutto a scuola – fissati per legge, istituendo classi a immersione, sul modello dei Baschi, dei Bretoni e delle Calandretas occitane in Occitania grande. Insomma, se si vuole un futuro per le lingue nazionali di minoranza è necessario cominciare a fare sul serio. Certo, un passo alla volta a seconda delle situazioni, ma non più baloccarsi con iniziative meritorie ma prive di futuro. Corraine a questo cambio di paradigma ci invita. Si tratta di percorrere una strada dura, difficile, ma anche l’unica possibile.
Fredo Valla